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Energie rinnovabili: in Italia più ombre che luci secondo Report

29 Novembre 2010

La puntata di ieri sera dalla trasmissione Report di Milena Gabanelli ha messo in luce alcuni aspetti non particolarmente incoraggianti dell’industria delle energie rinnovabili in Italia.

Un primo dato emerso è che Terna, la società responsabile della trasmissione di energia sulla rete, ha ricevuto richieste di allacciamento per nuovi impianti rinnovabili pari 120 mila megawatt, mentre in Italia il picco di potenza richiesta è meno della metà (56mila MW). Tullio Fanelli, commissario dell’Autorità per l’energia, ha dichiarato che gli incentivi alle rinnovabili sono “esagerati”. Nel 2010 hanno raggiunto quota 3 miliardi e 200 milioni di euro, tali soldi vengono pagati dai consumatori attraverso la componente A3 della bolletta.

Con tale sistema sono finanziati anche gli incentivi del Conto Energia per il fotovoltaico, come ha spiegato Milena Gabanelli. Si tratta, però, di un meccanismo che favorisce i grandi produttori a discapito dei possessori di impianti domestici, che in tanti non vengono pagati per l’energia immessa in rete. “C’è voluta la crisi – sottolinea la Gabanelli – per rendersi conto che è un meccanismo perverso che versa soldi su chi ha soldi. Dal 1 gennaio gli incentivi cominceranno a calare, per questa ragione c’è la corsa ad allacciarsi entro capodanno.

Colui che invece ha reso autosufficiente la propria abitazione, o la sua piccola azienda, e consuma meno di quel che produce, la differenza la immette in rete (perché l’energia non si può stoccare, va consumata subito). Costoro hanno diritto, a fine anno, ad un conguaglio, tanto hai prodotto, tanto hai consumato: la differenza te la rimborsano. Ora, siccome sono stati introdotti dei sistemi di calcolo per i quali ci vuole una laurea, questi rimborsi non arrivano”.

Un altro meccanismo incentivante, che però riguarda l’eolico e le biomasse e non il fotovoltaico, è quello dei certificati verdi, che vengono venduti da chi produce energia da biomassa o da eolico e devono essere acquistati da chi inquina di più, cioè dai produttori di energia attraverso il petrolio, il gas o il carbone.

Per essere esentati dall’obbligo costoso dei certificati verdi i produttori di energia da fonti fossili ricorrono sempre più di frequente all’espediente di importare energia dall’estero, certificata come “rinnovabile” dal gestore della rete straniero. Questi certificati d’origine, il cui controllo è di competenza del Gse, costano meno dei certificati verdi: circa 1 euro e 50 centesimi per MWh importato rispetto ai 4 o 5 euro per MWh dei CV. Ma in realtà, secondo quanto dichiarato dal sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico, Stefano Saglia, buona parte di questa energia elettrica importata dall’estero non è “verde”, ma bensì proviene da impianti nucleari francesi. L’azienda Esperia Spa da tempo denuncia che è impossibile dimostrare che l’energia accompagnata dal certificato d’origine sia effettivamente verde, e ha presentato in proposito un esposto alla procura di Milano. “Morale: i 500 milioni regalati ai produttori stranieri li abbiamo sempre pagati noi”, commenta la giornalista e conduttrice di Report.

A causa di questa finta energia certificata verde il valore dei certificati verdi “è precipitato perché l’offerta è il doppio della domanda. E come succede per i pomodori che vengono distrutti per non far diminuire il prezzo di mercato, va a finire – sottolinea la Gabanelli – che il gestore dei servizi acquista i certificati verdi invenduti: 1 miliardo ci è costata l’anno scorso questa operazione, anche questo spalmato in bolletta”.

Nonostante gli investimenti miliardari nelle rinnovabili in generale e nell’eolico in particolare, “non è diminuita di un kilowatt la produzione da fossile, e per quel che riguarda il rinnovabile, nonostante queste concentrazioni si arriva a malapena al 6%. Ci sono voluti sette anni per approvare le linee guida, in questi sette anni le regioni hanno fatto quello che volevano”. Il problema, conclude la Gabanelli, “è che non esiste ancora un piano energetico nazionale che stabilisca dove autorizzare, quanti impianti ci servono e ogni regione alla fine si è regolata a modo suo”.

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